Tra film, libri e noi, chi è una madre? Il desiderio vincerà sul rifiuto? Prove di riflessione- Corriere.it

2022-09-10 03:57:46 By : Ms. Aileen Zhou

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L’indagine sul senso della maternità contemporanea. Dallo spettacolo della regista argentina Lola Arias alla riflessione di Almodovar in Madres Paralelas: chi è davvero una madre?

Un busto di donna: appena sotto i seni, sull’addome, la scritta NO MAN’S LAND. E ancora, una pancia al quarto mese, la scritta HER NAME IS THE REVOLUTION. Un viso di ragazza, YOUR BODY IS STILL A BATTLEGROUND. Il tuo corpo è ancora terreno di battaglia. Sono solo alcuni degli scatti di un’istallazione diffusa di Rebecca Momoli, curata da Cheap: fotografie che hanno invaso le strade di Bologna per la manifestazione Matria. Immaginari della maternità contemporanea, nella quale sono confluiti appuntamenti e incontri intorno a libri, spettacoli teatrali, pellicole cinematografiche. L’urgenza di parlare ancora di materno, la necessità di ribadire l’importanza dell’autodeterminazione, in cui il desiderio così come il rifiuto della maternità sono prospettive di pari dignità.

Le fotografie di Momoli accompagnano l’incedere dei passanti per le vie della città. Si parte dai corpi per indagare il tema della maternità oggi. Il corpo sì, ancora il corpo. La procreazione. Lola Arias, talentuosa regista e drammaturga argentina , ha realizzato uno spettacolo che s’intitola Lingua madre , in collaborazione con nove abitanti di Bologna provenienti da diversi luoghi e vissuti. Cosa significa la parola madre? È necessario essere una donna per essere una madre? È necessario essere madre per essere una donna? Essere madre è una decisione? Di chi? C’è un solo modo per essere una madre? In ogni paese d’Europa in cui verrà portato lo spettacolo, gruppi di persone risponderanno a queste domande: alcune di loro diventeranno protagoniste della pièce.

Nella versione bolognese andata in scena al teatro Arena del Sole c’è la mamma di Matteo, diventata madre a diciotto anni non per scelta ; dopo poco tempo dalla nascita di suo figlio si ritrova ad affrontare la grave malattia di Matteo, catapultata in una maternità completamente differente da quella che aveva immaginato. C’è Chiara, medico e attivista per la salute: Chiara ha una compagna e due figli e una piccola in arrivo. Il primo non è un figlio naturale: la madre era un’amica, glielo ha affidato prima di andarsene per sempre. C’è Angela che si occupa di diritti riproduttivi ma non ha alcuna intenzione di diventare madre. E poi altri percorsi: tanti tipi di maternità e di genitorialità , storie singole, particolari, che prendono un senso più profondo perché affiancate alle altre.

Lingua madre è un’enciclopedia sulla riproduzione nel XXI secolo scritta a partire dalle storie di madri migranti, madri trans, madri eterosessuali che hanno fatto ricorso alla fecondazione assistita, madri lesbiche, coppie gay con figli, donne cattoliche che non hanno osato abortire, donne che hanno abortito, donne che non vogliono avere figli e molte altre che ancora si chiedono come reinventare la parola madre. E da lì come interpretare la parola famiglia . Con gli anticoncezionali e l’aborto le donne hanno acquisto il diritto di decidere se e quando diventare anche madri, ma ci sono voluti decenni per metabolizzare un passaggio tanto rivoluzionario rispetto alle “leggi di Natura”. Il materno torna a essere un tema centrale perché anche le donne sono cambiate, perché l’identità di genere è l’altro grande tema che viaggia parallelo a questo: la grande rivoluzione culturale di questo millennio fluido che ci costringe a rivedere i nostri parametri, ad allargare i nostri orizzonti, a diventare più liberi.

Il letto insanguinato di Frida

Non c’è solo un modo di essere famiglia, dice Chiara; siamo più liberi solo se incarniamo davvero le nostre relazioni. Le esperienze non sono più solo private ma sempre spazi di lotta. Nel 1932 Frida Kahlo realizzava un quadro dal titolo Ospedale Henry Ford . Al centro della tela c’è l’artista sdraiata su un letto insanguinato. Frida aveva dovuto abortire due volte. Le avevano detto che con la frattura al bacino, conseguenza di un incidente da ragazza, non avrebbe più potuto avere figli. Ma lei non aveva voluto credere alla diagnosi e, sostenuta dal dottor Eloesser, aveva tentato una seconda gravidanza. Anche questo bambino morì: nei tredici giorni di degenza in ospedale Frida si ritrasse sul letto insanguinato. Tre vene che sembrano fili rossi la collegano a un feto che vola, a una lumaca, a un bacino compromesso. La maternità che oscilla spesso tra due estremi: quello del desiderio - talvolta dell’accanimento - e quello del rifiuto.

Il film di Audrey Diwa, L’Evénement , tratto dal libro di Annie Ernaux e vincitore del Leone d’Oro, racconta senza retorica di un aborto clandestino. Erano gli anni Sessanta, l’aborto non era legale: in un ossimoro si sceglieva la libertà dal materno rischiando però il carcere. Il film ci fa riflettere su quei paesi, come la Polonia e il Texas, dove l’aborto è ancora un reato; ma soprattutto mette in luce l’odissea di una ragazza alla ricerca di una soluzione. Un’odissea soprattutto metaforica: è sempre un errare difficile e pieno di ostacoli quello che conduce ogni donna a riflettere, a ragionare sulla maternità e la procreazione, sulla necessità di fare una scelta davvero libera a riguardo, in modo che qualsiasi sia la decisione non venga condizionata dall’esterno e sia sempre necessaria al proprio percorso identitario.

Sheila Heti in Maternità scrive l’anatomia di un dubbio. A differenza della protagonista dell’ Evénement , non sa davvero cosa fare: avere un figlio oppure decidere che è meglio di no e così chiudere la partita con l’orologio biologico? In un memoir di rara intensità descrive le infinite oscillazioni di chi vorrebbe e non vorrebbe un figlio, e così oscilla tra i flutti, tra spinte differenti, senza decidere nulla davvero. Penelope Cruz in Madres parallelas , ultimo film di Pedro Almodóvar, interpreta una quarantenne single che mette al mondo con convinzione la sua bambina. In ospedale incontra Ana, ragazza madre, vittima di una violenza, spaventata dal parto: lei invece non sa cosa farà, né se sarà capace di amare la sua piccola. Le due donne si rincontrano dopo molti mesi, di figlia ne sarà rimasta una sola perché l’altra nel frattempo è morta in culla. Basterà l’amore congiunto per quella piccola sopravvissuta a creare una nuova famiglia fatta di sole donne.

Almodóvar con quel gusto per il melodramma, per le agnizioni e i patemi tutti femminili, intreccia tutte le possibilità. Chi è davvero la madre della piccola? E, ancora, allargando lo sguardo: qual è l’unica madre che dobbiamo saper riconoscere? È la Storia, o meglio la versione della Storia in cui ci identifichiamo: i valori che hanno orientato le azioni di chi ci ha preceduto e dunque che orientano le nostre. A cornice di questa vicenda di donne e di madri c’è - nel film - l’apertura di una fossa comune risalente alla guerra civile. Il rifiuto di quel capitolo buio, la necessità di restituire a un popolo i suoi morti, di riconoscerli e di piangerli; di non dimenticare la lotta di tante persone mai più trovate e ora finalmente venute alla luce una seconda volta.

Possiamo essere madri anche di rivoluzioni, di idee, di arte, di cambiamenti epocali o solo privati. Nel lungo viaggio di questa maternità contemporanea tutto è nomade, come nomade - secondo la filosofa Rosi Braidotti, teorica del post umanesimo - si deve considerare ogni essere vivente: sintesi di un divenire nomade. Ognuno di noi è molteplice e transitorio, frutto di processi umani e non-umani, organici e inorganici, politici e sociali. Ma se tutto è nomade, non è scontato che il sentimento del materno si trovi dove ci aspettiamo che fiorisca.

Non è dove crediamo che sia

Maternal , l’ultimo film di Maura Delpero premiato con la Menzione Speciale al Festival di Locarno 2019, è ambientato nell’Hogar, un centro religioso italo-argentino per ragazze madri: un luogo paradossale in cui la maternità precoce di giovani madri adolescenti convive con il voto di castità delle suore che le hanno accolte. Sono tutte donne, in questo film: le suore nei loro abiti bianchi, figure quasi interscambiabili, e poi le ragazze, con vestiti rimediati e succinti, i capelli tinti, le unghie colorate, i rossetti, le scarpe col tacco, ma tutte bambine - come Lu e Fati -, con i loro figli avuti per caso, messi al mondo perché è capitato, perché doveva andare così, non si poteva prevenire in nessun modo. Le ragazze sono ancora troppo giovani per sentirsi madri; perché il materno è una conquista, non un semplice dato biologico. Il materno disloca da dove pensiamo di intercettarlo; lo troviamo invece nei gesti di suor Paola, la giovane suora che culla e consola i bambini, soprattutto la figlia di Lu quando Lu scompare per inseguire la sua vita. Suor Paola con la bambina si toglie il velo, si fa vedere come donna, la stringe a sé durante la notte, devia dal percorso intrapreso, così come deraglia Lu che non dà più notizie di sé.

Nel romanzo Le cattive (SUR) di Camila Sosa Villada, tra le voci più significative della letteratura argentina contemporanea, si racconta delle trans di parco Sarmiento a Córdoba . Creature notturne che sfidano la morte, le malattie e le botte; esseri pieni di grazia e dolore, che inseguono una femminilità ideale, cercata, perseguita, ritualizzata in gesti e infine trovata come un’illuminazione. Le trans di parco Sarmiento sono una famiglia di sorelle, unite contro il mondo. Quando trovano un neonato, abbandonato nella fossa dove si nascondono, lo vezzeggiano, lo accolgono. Encarna lo allatta al seno di silicone ; non importa che sia solo un gesto mimato; non importa che da lì non esca il latte: ogni gesto dice della cura, dice dell’amore. Si può essere famiglia in tantissimi modi, si può essere madri in tantissimi modi. «Partecipare a questo progetto è stato molto importante», dice la giovane mamma di Matteo, attrice sul palco di Lingua madre di Lola Arias. «Ora sono una persona nuova. La cosa più bella è che la mia storia ha preso senso insieme alle storie degli altri. Ho scoperto che ci sono tanti tipi di maternità e di genitorialità che non sapevo potessero esistere così vicini a me. Questa scoperta mi ha influenzato nel mio ruolo di madre. Penso di essere ora una madre più consapevole, e quindi migliore».

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