Pubblicato il 30.04.20 di Mavì Puglia Aggiornato il 30.11.20
Il 9 aprile 2020 il Royal College of Midwives ha emanato una versione integrata delle linee guida sull’infezione da Covid-19 in gravidanza. Nella nuova pubblicazione sono stati inseriti nuovi studi promossi dall’ICNARC (Intensive Care National Audit and Research Centre) e inoltre è stata aggiunta una parte riguardante il rischio tromboembolico di gravide e puerpere affette da Covid-19.
Le donne in gravidanza non sembrano essere più propense a contrarre l'infezione rispetto alla popolazione generale
L’introduzione delle LG evidenzia come le donne in gravidanza non sembrino più propense a contrarre l’infezione rispetto alla popolazione in generale, sebbene però un già alterato sistema immunitario possa causare una maggiore risposta all’infezione, causando occasionalmente una sintomatologia più severa.
Inoltre, riguardo la trasmissione verticale (sia in gravidanza che intrapartum) le ultime evidenze suggeriscono come la stessa possa essere probabile, sebbene la proporzione dei neonati a rischio debba essere ancora determinata.
Per quanto riguarda gli effetti sul feto, sembra che l’infezione da Covid non esponga al rischio di aborto o di parto pre termine. Inoltre, nessuna evidenza suggerisce il fatto che il virus possa essere teratogeno.
Il Governo inglese suggerisce alle donne in gravidanza, soprattutto dopo la 28esima settimana, di affidarsi al più possibile al distanziamento sociale e a limitare le uscite di casa solo se necessario. Inoltre, suggerisce di riorganizzare gli appuntamenti in gravidanza in modo che siano scaglionati.
È ben evidente come gli ospedali possano essere causa di ansia per le donne, essendo il setting principale nel quale contrarre il virus. Per questo motivo a tutte le donne va consegnata una mascherina come adeguato segno di protezione e le stesse vanno supportate anche dal punto di vista psicologico.
Per quanto riguarda la presenza dei visitatori, è da incoraggiare la scelta di un’unica singola persona durante il travaglio/parto, ma viene sconsigliata l’assistenza qualora il partner abbia presentato sintomi di Covid-19 nei 7 giorni precedenti al parto. I sintomi sono: febbre, tosse persistente, raffreddore, dolore alla gola e mancanza di respiro. È importante, infine, non permettere le visite ad altre persone in reparto, al fine di assicurare un valido distanziamento sociale.
In caso di una donna con sospetto Covid, all’arrivo nel centro maternità la stessa dovrebbe essere isolata in una stanza apposita. I professionisti sanitari devono essere tutti dotati dei corretti dispositivi di protezione individuali.
Le stanze per l’isolamento della paziente dovrebbero avere idealmente un’area protetta all’interno della quale i professionisti possano indossare e rimuovere in totale sicurezza i dispositivi di protezione individuale.
Nelle stanze sarà permesso l’accesso solo allo staff necessario, in modo tale da diminuire il più possibile la presenza di persone all’interno dell’area protetta. Dalla stanza vanno rimossi tutti i materiali non necessari e la stessa va adeguatamente disinfettata alla dimissione della paziente.
Se una donna si presenta in pronto soccorso con i seguenti sintomi:
alla stessa va prelevato un campione di sangue valido all’effettuazione di un emocromo e in caso di linfocitopenia viene necessaria l’attuazione di un tampone naso faringeo. Fino all’arrivo del risultato sarà necessario considerare la donna come potenzialmente positiva.
Essendo il periodo di incubazione generalmente stimato tra i 0 e i 14 giorni, una donna può presentare i sintomi anche durante la degenza ospedaliera. In caso di insorgenza di sintomi la donna va immediatamente isolata e gestita come una sospetta infezione.
Le seguenti considerazioni riguardano sia donne con spontanea insorgenza del travaglio di parto, sia donne indotte. Se una donna è ammessa in sala parto vanno subito avvistati il ginecologo e l’anestesista di guardia, l’ostetrica coordinatrice e inoltre il neonatologo di guardia e l’infermiera del nido.
Nonostante ciò sarà importante minimizzare il più possibile la presenza di un eccessivo numero di personale. L’osservanza del benessere materno fetale dovrebbe essere lo stesso dell’assistenza standard, ad accezione del monitoraggio orario della saturazione materna.
Lo scopo è quello di mantenere l’ossigenazione materna al di sopra del 94%, somministrando ossigeno se necessario. È inoltre raccomandato un monitoraggio continuo del benessere fetale, attraverso l’uso costante del cardiotocografo.
L’uso della vasca dovrebbe essere escluso, essendo possibile una infezione attraverso le feci. Per quanto concerne l’uso di anestesia epidurale o spinale non ci sono evidenze sulle controindicazioni in presenza accertata di coronavirus, anzi la stessa va offerta al fine di minimizzare il rischio di dover effettuare un’anestesia generale laddove necessaria, che va ad aumentare la produzione di droplets.
La donna va informata su possibili ritardi in caso di taglio cesareo di emergenza dovuti alla necessità degli operatori di indossare i necessari dispositivi di protezione individuali, sarebbe preferibile la firma di un consenso informato. In mancanza di evidenze il taglio ritardato del cordone ombelicale è ancora raccomandato; il bambino può essere pulito ed asciugato come le normali procedure, prima che il cordone venga tagliato.
Nel caso in cui la donna venga ammessa in reparto con un peggioramento della sua situazione clinica o in caso di sospetta infezione è necessario applicare le seguenti misure:
In presenza di poche evidenze, si raccomanda l’attuazione del Rooming in al fine di permettere il bonding e un valido inizio all’allattamento al seno, se le condizioni neonatali lo permettono.
In soli 6 studi cinesi si è evidenziata l’assenza di Covid nel latte materno. Per questo motivo sono state considerate le seguenti indicazioni da fornire alle madri:
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