Le associazioni lanciano l’appello: “Il ritardo sullo screening neonatale è inaccettabile. Occorre garantire a tutti i nascituri il diritto di accedere a questo programma salvavita”
L’obiettivo delle associazioni è quello di sbloccare la situazione su questo delicato tema, così da veder comprese dai Livelli essenziali di assistenza (LEA) le prestazioni di screening neonatale in modo da garantire l’accesso a esami salvavita a tutti i nascituri.
I Livelli essenziali di assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che, gratuitamente o dietro pagamento del ticket, il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a erogare a tutti i cittadini utilizzando le risorse pubbliche. Tra queste rientra anche lo screening neonatale, ma c’è ancora molta strada da fare.
Sono ben 71 le associazioni aderenti all’Alleanza Malattie Rare e al Coordinamento nazionale delle associazioni di persone con malattie croniche e rare di Cittadinanzattiva (CnAMC) che hanno scritto alla Conferenza delle Regioni per sbloccare il provvedimento contenente anche l’aggiornamento della situazione relativa allo screening neonatale fermo da un anno, dopo le valutazioni riguardo a nuove patologie da inserire nell’elenco nazionale consegnate dal Gruppo di lavoro sullo Screening Neonatale Esteso istituito presso il Ministero della Salute.
La netta presa di posizione delle associazioni è affidata a una nota, che spiega: “Lo screening neonatale è prevenzione, è un programma che fa la differenza, talvolta, tra la vita e la morte, sicuramente tra una vita in discreta salute e una vita di malattia e disabilità, le cui conseguenze ricadono su chi ne è affetto, sulle famiglie e, infine, proprio sul sistema sanitario e sociale”.
Il documento chiede, poi, delucidazioni circa i motivi di questi rallentamenti e di utilizzare i fondi a disposizione per accelerare l’Iter: “Sappiamo che i fondi non sempre sono sufficienti e saremmo felici se fossero di più, ma quelli per lo screening sono stati stanziati da anni e anche rifinanziati nel tempo, e altri potrebbero essere stanziati a fronte però di una programmazione e utilizzo da parte delle Regioni. Quello che è certo è che, a oggi, i cittadini devono fare i conti con situazioni territoriali molto eterogenee”.
In quali regioni si fa screening neonatale sulla Sma?
Come illustrato dalla nota, infatti, regioni come Lazio, Toscana, Puglia e Liguria hanno già avviato programmi di screening neonatale per la SMA (atrofia muscolare spinale). Si dovrebbe partire a breve anche in Piemonte, Trentino, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo.
In Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana e Umbria sono, inoltre, stati attivati progetti per malattie metaboliche e genetiche ancora escluse dal panel nazionale. Parliamo di patologie come la mucopolisaccaridosi di tipo I, le malattie di Fabry, Gaucher e Pompe, le immunodeficienze combinate gravi (SCID), l’adrenoleucodistrofia legata all’X (X-ALD) e la leucodistrofia metacromatica (MLD).
La nota si chiude con l’appello a sbloccare il diritto dei bambini ad avere una chance di vita e quello delle persone con malattie croniche() e rare a poter accedere a prestazioni più aggiornate di quelle attuali, così da poter compiere un passo importante verso la garanzia di uguali diritti per tutti, donando maggiori speranze e una migliore qualità di vita ai pazienti.
Lo screening neonatale è un test non invasivo che permette di individuare precocemente numerose malattie, anche gravissime, entro i primi giorni di vita dei neonati.
Nel nostro Paese, lo screening neonatale è obbligatorio dal 1992 per 3 patologie: fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica. Negli ultimi anni e, in particolare dal 2016, si è passati allo screening neonatale esteso (SNE) che indaga oltre 40 diverse patologie metaboliche.
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