«Non cerco vendetta ma mi batterò con le unghie e con i denti fino a quando non emergerà la verità e non verranno accertate le responsabilità per la morte di mia figlia: lo devo a lei, l’unico modo che mi resta per fare ancora la madre è difendere la sua memoria». Nonostante l’immane tragedia che le ha devastato la vita, Barbara è una donna forte . O, forse, è proprio la battaglia che sta conducendo per rendere giustizia a sua figlia ad averla fortificata. Nelle sue parole, nei suoi sguardi, non c’è rivalsa . Rabbia sì, e sconcerto.
A spingerla, ribadisce più volte, è la necessità di ristabilire la verità affinché quel che è capitato a lei non debba accadere a nessun’altra mamma . Quella verità, dice con la voce rotta dall’emozione, «che infermieri e medici, anche con un ruolo apicale, hanno cercato di nascondere per coprire le colpevoli sottovalutazioni di un intero reparto». È questo, sottolinea, ad averle fatto ancor più male dopo il dramma incalcolabile della sua unica figlia di quattro anni morta al Sant’Orsola , stando alla ricostruzione del pm Marco Imperato, a causa di una diagnosi sbagliata e in fondo a una lunga catena di errori che non le hanno lasciato scampo: «Leggere che gli stessi operatori che ho supplicato più volte affinché intervenissero per salvare la mia piccola, hanno riferito a verbale che lei stava bene e addirittura giocava quando non stava più in piedi, era in stato pre comatoso e si stava lentamente spegnendo, è stato terribile, inaccettabile e non si può perdonare . Hanno detto tante falsità, lesive della memoria di mia figlia».
Il riferimento è a quanto accaduto dopo le presunte colpe mediche per cui sono imputati quattro medici che hanno avuto in carico la bimba a cavallo tra il 19 e il 20 ottobre del 2020 . E dunque ai presunti falsi, ai favoreggiamenti e alle omissioni che per l’accusa avrebbero coinvolto anche i vertici del reparto. «Quando ho letto le testimonianze dei medici non riuscivo a crederci, sono andata al manicomio. Ora dicono che non era un evento sentinella, quando invece mi hanno detto chiaramente che tale era e che avrebbero fatto una autopsia interna . Poi ho fatto denuncia e consegnato un memoriale ai miei legali (gli avvocati Simone Sabattini e Giovanni Sacchi Morsiani, ndr), sono avvocato anche io e quello che hanno raccontato i medici è inconcepibile». Il racconto di quei drammatici momenti, la sua verità su un calvario di ore, è lacerante : «I corridoi erano deserti, ho fatto anche le foto, eravamo abbandonate e ogni volta che segnalavo che mia figlia stava male mi liquidavano». I dolori addominali e il vomito, le condizioni in costante peggioramento e quella diagnosi iniziale di gastroenterite hanno indirizzato un destino che era tutt’altro che irreversibile. «Se solo avessero messo in correlazione l’intervento cui fu sottoposta a sei mesi nello stesso ospedale, come ho più volte segnalato, e avessero eseguito una banale Tac , si sarebbero resi conto che si trattava di un volvolo intestinale. Con un intervento la mia piccola sarebbe ancora qui con me».
Il capo d’imputazione parla chiaro
Che la bimba si sarebbe potuta salvare qualora fosse stata operata, lo dice peraltro anche il capo d’imputazione dei quattro medici — un radiologo, due pediatri e un medico di guardia — ora a processo. Negli occhi di questa donna ci sono ancora quei momenti drammatici, «con i continui alert della pompa d’infusione che evidentemente segnalava problemi, tanto che mia figlia era completamente disidratata , motivo per cui nonostante gli sforzi non sono riusciti a rianimarla». Ma a fare più male, se possibile, è quello che è accaduto dopo che, da qualche settimana, è oggetto di un altro fascicolo con altri sei medici indagati: «Il livello di impreparazione è imperdonabile ma il voler nascondere la verità è inaccettabile. Hanno addirittura cambiato l’orario del ricovero nell’osservazione breve intensiv a. Al posto della Regione manderei gli ispettori, c’è un intero reparto di Pediatria indagato e non è normale. I bolognesi hanno diritto ad avere un ospedale sicuro». Saranno i processi a stabilire eventuali responsabilità, nel frattempo la direzione del Policlinico attraverso la Regione ha fatto una proposta di risarcimento di un milione di euro per i cinque familiari colpiti dal dramma: «Una proposta offensiva. Posto che nulla potrà restituirmi la mia bimba, mi chiedo se questo sia il valore di una perdita così devastante. È necessario peraltro che qualsiasi risarcimento sia accompagnato da una ammissione di colpevolezza, altrimenti per me resta irricevibile. Su questo non può esserci trattativa».
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